L’unione europea ha recentemente pubblicato il documento “The Consumer Conditions Scoreboard Consumers at home in the single market” nel quale viene fotografato lo stato della penetrazione dell’e-commerce nei diversi paesi dell’unione.
L’Italia si colloca al terz’ultimo posto con il 17%. Peggio di noi solo la Bulgaria con il 9% e la Romania con il 5%.
Si tratta della percentuali di persone (rispetto al totale della popolazione) che, anche saltuariamente, utilizzano internet per fare acquisti di carattere personale. Olanda, Danimarca, Gran Bretagna e Svezia hanno superato il 70%, la Germania è al 65%, la Francia al 57%.
Tutte abissalmente al di sopra del nostro misero 17%. La media europea è al 45% in crescita del 12,5% rispetto al 2010.
In Italia la crescita è stata del 20%, in Bulgaria dell’80%, in Romania del 25%. Paesi appena sopra di noi nella classifica sono cresciuti molto più di noi: la Lituania dell’81%, La Grecia è cresciuta del 66%.
Il quadro è realmente desolante, e fa capire bene perché l’Italia non riesca ad uscire dalla crisi. Sono troppe le pastoie che vengono imposte ad internet, a cominciare da una scarsissima e costosa diffusione della banda larga, perché questa possa svilupparsi adeguatamente.
Il problema è che invece di migliorare stiamo retrocedendo in classifica, a causa di un immobilismo scriteriato da parte dei nostri amministratori.
Si dovrebbe, invece che proporre tasse sull’e-commerce, cercare di promuovere l’utilizzo della rete in modo intelligente. Ma è chiedere troppo forse …